Premessa
Dopo
il Concilio di Treno, che impose delle riforme relative al clero, alle arti e
all’architettura, nacquero nuovi ordini religiosi tra cui quello dei Cappuccini
(un ordine religioso francescano) i quali si ispirarono al ritorno e alla
vocazione originaria delle Fonti Francescane basate sulla povertà, carità e
alla vita semplice, che fu il costante riferimento dei Padri della Riforma
cappuccina.
Il
periodo controriformista e il secolo XVII per i Cappuccini italiani può essere
definito come un periodo storico di grande diffusione e di presenza
significativa per la Chiesa e la società dell'Europa cristiana.
Storia e architettura
Nel
1533 Padre Tullio Potenza fondò la Provincia dei Cappuccini di Puglia e della
Lucania (Basilicata), ma molti anni più tardi tra la fine del XVI sec e gli inizi
del XVII la Provincia dei frati cappucci si sfaldò in tre macro provincie:
quella della Lucania, quella della provincia di Otranto e quindi di tutto il
Salento e infine quella di Bari dove rientra il Convento dei Cappuccini di
Bisceglie.
Fondato
nel 1606 dal Padre Generale Silvestro d’Assisi e dal Vescovo di Bisceglie
Alessandro Cospi, il convento e la chiesa vennero dedicati a San Michele
Arcangelo, Santo molto amato dai francescani.
Il
Convento e chiesa dei Cappuccini sorsero agli inizi del XVII sec. a ridosso di
una lama, detta Lama di Fondo Noce, in un contesto paesaggistico di
straordinaria bellezza, ma la scelta e la collocazione del Convento no fu
casuale. Esso sorse su una precedente struttura (ancora oggi non ben studiata e
ricercata) detta Cappella di San Clemete, un primitivo luogo di culto dove i
primi frati potevano trovare conforto per le loro preghiere, inoltre la Regola
della Costituzione dei Cappuccini imponeva di costruire fuori dal centro delle
città i propri conventi in modo che i frati potevano vivere in tranquillità,
preghiera e in meditazione senza mai
essere troppo “distanti” dalla vita quotidiana e dai bisogni della popolazione
in cui risiedevano.
Il
primitivo convento sorto accanto al lato destra della chiesa si presentava
molto piccolo regolare e compatto con chiostro interno racchiuso da tre ali di
fabbricato (composto di piano terra e primo piano) dove trovavano posto al
piano superiore le celle dei frati, mentre al piano terra i servizi come la
cucina, il refettorio, la dispensa e altro.
Nel
corso del seicento il convento subì un primo ampliamento. Nel 1673 la nobile
famiglia Milazzi contribuì a proprie spese per far costruire un nuovo corpo di
fabbrica a ponente per la nascita di nuove altre celle per i frati i quali
senza ombra di dubbio erano aumentati di numero. In questo primo intervento di
accrescimento della struttura anche la chiesa probabilmente aveva subito degli
adeguamenti spaziali, infatti nel 1677 essa venne riconsacrata dal Vescovo
Francesco Antonio Ricci in concomitanza della fine di lavori di ampliamento del
convento e del rifacimento di parti delle strutture della chiesa, probabilmente
all’inserimento delle cappelle laterale (tre) sul fianco sinistro della chiesa.
Durante
questi lavori di ingrandimento del convento, sorse la nuova scala che ancora
oggi collega il piano inferiore con il piano superiore del Convento.
Sarà
il XVIII secolo che vedrà (come in altri complessi conventuali e monastici
della città di Bisceglie) le ulteriori trasformazioni e ampliamenti che
interessarono anche la “casa” dei Cappuccini di Bisceglie.
Tra
il 1755 e il 1770 fu eretto il nuovo e ultimo braccio rivolto verso sud con la
costruzione di nuove celle per i frati che arrivarono fino a 30 unità e la
costruzione della loggia da parte del maestro Giulio Gramegna. Anche in questa
nuova fase di ristrutturazione e ampliamento alcuni locali cambiarono la loro
destinazione d’uso soprattutto i locali al piano terra destinati secondo una
perizia del 1870 dell’Architetto Giuseppe Albrizio a stalle, pagliaio,
refettorio, cucina, forno, deposito, dispensa per la cucina e altro.
Sempre
dalla perizia tecnica del 1870 si scopre dagli Archivi Comunali di Bisceglie
che un tempo le strutture di copertura del Convento erano composte da tetti a
due falde con capriate lignee coperte da coppi, oggi scomparsi.
La
chiesa inizialmente semplice e priva di decorazione, così come prevedeva la
regola dei cappuccini, si arricchì a partire della metà del XVIII secolo di
stucchi e decorazioni floreali e successivamente alla fine del settecento anche
di colori pastello così come appare oggi dopo i restauri condotti dalla
Dott.ssa Maria Luisa De Toma e dalla sua squadra all’interno della chiesa che
hanno riportato alla luce non solo decorazioni perdute e coperte da diversi
strati, ma anche riapertura di finestre tamponate nel tempo e la scoperta di
altari (anch’essi perduti) come quello dell’Addolorata di cui ne rimangono solo
tracce.
La
chiesa si presenta a navata unica coperta da volte a botte, con tre cappelle
laterali a sinistra e tre altari a destra collocati sotto profondi arconi. Essa
si conclude con area presbiteriale a parete dritta di poco sopraelevata
rispetto all’area destinata ai fedeli, dove trova posto il grande altare
maggiore che ne occupa tutta la parete in altezza e larghezza.
La
chiesa fu arricchita inoltre di diverse opere d’arte probabilmente attribuite
alla scuola e allievi di Nicola La Porta, artista per altro molto attivo in
città e presente in altri conventi e monasteri.
Tra
tutti spicca la tela dell’altare Maggiore dedicata a San Michele Arcangelo che
sconfigge il demonio con accanto San Francesco d’Assisi e San Nicola Vescovo.
San Michele Arcangelo emerge da un’aspirale di panno rosso che vibra nell’area
(molto simile ai modelli di Corrado Giaquinto) mentre mantiene con la mano
destra la spada infuocata e con la sinistra punta l’indice verso l’atro in
direzione i un triangolo che rappresenta la Santa Trinità. Accanto alla scena
San Francesco d’Assisi che trattiene sul petto la croce mentre sembra discutere
della scena con San Nicola Vescovo. L’altare maggiore della chiesa è di legno
meccato e decorato; presenta su entrambi i lati le immagini di San Fedele e di
San Giuseppe da Leonessa due frati cappuccini sempre presenti negli altari
maggiori delle chiese cappuccine. Conclude il tutto l’immagine della Madonna
con bambino stretto al proprio fianco collocato nella cimasa e infine il
simbolo dei frati cappuccini riportato al suo splendore e luce dai recenti
restauri.
Soppresso
una prima volta nel 1809 con i francesci, venne definitivamente soppresso nel
1861 con le leggi eversive dello del Regno d‘Italia.
Dal
1867 al 1872 il Comune, divenuto proprietario dell’immobile e dei relativi
terreni circostanti l’ex Convento cercherà in diversi dibattiti del Consiglio
Comunale dell’epoca di trovare una destinazione d’uso dell’immobile. Le proposte andavano tra l’idea di adeguare la
struttura conventuale a istituto benefico per famiglie di pescatori e contadini
che vivevano in condizione igieniche ed economiche disagiate o trasformare il
complesso il Scuola Elementare, ma entrambi i progetti furono abbandonati.
Intanto nel 1867 il vescovo di Trani chiese al Prefetto di Bari di riaprire al
culto almeno la chiesa e di destinarla ai parrocchiani di San Lorenzo Martire
di cui la loro chiesa aveva subito un incendio doloso.
Nel
1872 il Comune di Bisceglie istituisce con il Monte Pio di Pietà, l’Ospedale
Vittorio Emanuele II trattenendosi la proprietà dell’immobile e le relative
spese di ristrutturazione di esso. L’ospedale trovò collocazione negli ambienti
al primo piano dell’ex Convento eventualmente per esigenze igienico-sanitarie
dell’epoca, mentre anni dopo, tra il 1901 e il 1902 fu istituito l’asilo di
mendicità che in seguito si chiamerà Principessa Iolanda. L’asilo di mendicità
trovò posto presso i locali a piano terra dell’ex Convento con due padiglioni:
quello maschile con 15 medici maschi e quello femminile con 15 medici donne.
Testo di
Giovanni Di Liddo
Guida Turistica e Accompagnatore Turistico Iscritto all'albo della Provincia di Barletta-Andria-Trani
Laureando in Architettura presso il Politecnico di Bari Facoltà di Architettura
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