venerdì 21 marzo 2014

Chiesa di San Michele Arcangelo ed ex Convento dei Cappuccini di Bisceglie

Premessa
Dopo il Concilio di Treno, che impose delle riforme relative al clero, alle arti e all’architettura, nacquero nuovi ordini religiosi tra cui quello dei Cappuccini (un ordine religioso francescano) i quali si ispirarono al ritorno e alla vocazione originaria delle Fonti Francescane basate sulla povertà, carità e alla vita semplice, che fu il costante riferimento dei Padri della Riforma cappuccina.
Il periodo controriformista e il secolo XVII per i Cappuccini italiani può essere definito come un periodo storico di grande diffusione e di presenza significativa per la Chiesa e la società dell'Europa cristiana.

Storia e architettura
Nel 1533 Padre Tullio Potenza fondò la Provincia dei Cappuccini di Puglia e della Lucania (Basilicata), ma molti anni più tardi tra la fine del XVI sec e gli inizi del XVII la Provincia dei frati cappucci si sfaldò in tre macro provincie: quella della Lucania, quella della provincia di Otranto e quindi di tutto il Salento e infine quella di Bari dove rientra il Convento dei Cappuccini di Bisceglie.
Fondato nel 1606 dal Padre Generale Silvestro d’Assisi e dal Vescovo di Bisceglie Alessandro Cospi, il convento e la chiesa vennero dedicati a San Michele Arcangelo, Santo molto amato dai francescani.
Il Convento e chiesa dei Cappuccini sorsero agli inizi del XVII sec. a ridosso di una lama, detta Lama di Fondo Noce, in un contesto paesaggistico di straordinaria bellezza, ma la scelta e la collocazione del Convento no fu casuale. Esso sorse su una precedente struttura (ancora oggi non ben studiata e ricercata) detta Cappella di San Clemete, un primitivo luogo di culto dove i primi frati potevano trovare conforto per le loro preghiere, inoltre la Regola della Costituzione dei Cappuccini imponeva di costruire fuori dal centro delle città i propri conventi in modo che i frati potevano vivere in tranquillità, preghiera  e in meditazione senza mai essere troppo “distanti” dalla vita quotidiana e dai bisogni della popolazione in cui risiedevano.
Il primitivo convento sorto accanto al lato destra della chiesa si presentava molto piccolo regolare e compatto con chiostro interno racchiuso da tre ali di fabbricato (composto di piano terra e primo piano) dove trovavano posto al piano superiore le celle dei frati, mentre al piano terra i servizi come la cucina, il refettorio, la dispensa e altro.
Nel corso del seicento il convento subì un primo ampliamento. Nel 1673 la nobile famiglia Milazzi contribuì a proprie spese per far costruire un nuovo corpo di fabbrica a ponente per la nascita di nuove altre celle per i frati i quali senza ombra di dubbio erano aumentati di numero. In questo primo intervento di accrescimento della struttura anche la chiesa probabilmente aveva subito degli adeguamenti spaziali, infatti nel 1677 essa venne riconsacrata dal Vescovo Francesco Antonio Ricci in concomitanza della fine di lavori di ampliamento del convento e del rifacimento di parti delle strutture della chiesa, probabilmente all’inserimento delle cappelle laterale (tre) sul fianco sinistro della chiesa.
Durante questi lavori di ingrandimento del convento, sorse la nuova scala che ancora oggi collega il piano inferiore con il piano superiore del Convento.
Sarà il XVIII secolo che vedrà (come in altri complessi conventuali e monastici della città di Bisceglie) le ulteriori trasformazioni e ampliamenti che interessarono anche la “casa” dei Cappuccini di Bisceglie.
Tra il 1755 e il 1770 fu eretto il nuovo e ultimo braccio rivolto verso sud con la costruzione di nuove celle per i frati che arrivarono fino a 30 unità e la costruzione della loggia da parte del maestro Giulio Gramegna. Anche in questa nuova fase di ristrutturazione e ampliamento alcuni locali cambiarono la loro destinazione d’uso soprattutto i locali al piano terra destinati secondo una perizia del 1870 dell’Architetto Giuseppe Albrizio a stalle, pagliaio, refettorio, cucina, forno, deposito, dispensa per la cucina e altro.
Sempre dalla perizia tecnica del 1870 si scopre dagli Archivi Comunali di Bisceglie che un tempo le strutture di copertura del Convento erano composte da tetti a due falde con capriate lignee coperte da coppi, oggi scomparsi.
La chiesa inizialmente semplice e priva di decorazione, così come prevedeva la regola dei cappuccini, si arricchì a partire della metà del XVIII secolo di stucchi e decorazioni floreali e successivamente alla fine del settecento anche di colori pastello così come appare oggi dopo i restauri condotti dalla Dott.ssa Maria Luisa De Toma e dalla sua squadra all’interno della chiesa che hanno riportato alla luce non solo decorazioni perdute e coperte da diversi strati, ma anche riapertura di finestre tamponate nel tempo e la scoperta di altari (anch’essi perduti) come quello dell’Addolorata di cui ne rimangono solo tracce.
La chiesa si presenta a navata unica coperta da volte a botte, con tre cappelle laterali a sinistra e tre altari a destra collocati sotto profondi arconi. Essa si conclude con area presbiteriale a parete dritta di poco sopraelevata rispetto all’area destinata ai fedeli, dove trova posto il grande altare maggiore che ne occupa tutta la parete in altezza e larghezza.
La chiesa fu arricchita inoltre di diverse opere d’arte probabilmente attribuite alla scuola e allievi di Nicola La Porta, artista per altro molto attivo in città e presente in altri conventi e monasteri.
Tra tutti spicca la tela dell’altare Maggiore dedicata a San Michele Arcangelo che sconfigge il demonio con accanto San Francesco d’Assisi e San Nicola Vescovo. San Michele Arcangelo emerge da un’aspirale di panno rosso che vibra nell’area (molto simile ai modelli di Corrado Giaquinto) mentre mantiene con la mano destra la spada infuocata e con la sinistra punta l’indice verso l’atro in direzione i un triangolo che rappresenta la Santa Trinità. Accanto alla scena San Francesco d’Assisi che trattiene sul petto la croce mentre sembra discutere della scena con San Nicola Vescovo. L’altare maggiore della chiesa è di legno meccato e decorato; presenta su entrambi i lati le immagini di San Fedele e di San Giuseppe da Leonessa due frati cappuccini sempre presenti negli altari maggiori delle chiese cappuccine. Conclude il tutto l’immagine della Madonna con bambino stretto al proprio fianco collocato nella cimasa e infine il simbolo dei frati cappuccini riportato al suo splendore e luce dai recenti restauri.
Soppresso una prima volta nel 1809 con i francesci, venne definitivamente soppresso nel 1861 con le leggi eversive dello del Regno d‘Italia.
Dal 1867 al 1872 il Comune, divenuto proprietario dell’immobile e dei relativi terreni circostanti l’ex Convento cercherà in diversi dibattiti del Consiglio Comunale dell’epoca di trovare una destinazione d’uso dell’immobile.  Le proposte andavano tra l’idea di adeguare la struttura conventuale a istituto benefico per famiglie di pescatori e contadini che vivevano in condizione igieniche ed economiche disagiate o trasformare il complesso il Scuola Elementare, ma entrambi i progetti furono abbandonati. Intanto nel 1867 il vescovo di Trani chiese al Prefetto di Bari di riaprire al culto almeno la chiesa e di destinarla ai parrocchiani di San Lorenzo Martire di cui la loro chiesa aveva subito un incendio doloso.

Nel 1872 il Comune di Bisceglie istituisce con il Monte Pio di Pietà, l’Ospedale Vittorio Emanuele II trattenendosi la proprietà dell’immobile e le relative spese di ristrutturazione di esso. L’ospedale trovò collocazione negli ambienti al primo piano dell’ex Convento eventualmente per esigenze igienico-sanitarie dell’epoca, mentre anni dopo, tra il 1901 e il 1902 fu istituito l’asilo di mendicità che in seguito si chiamerà Principessa Iolanda. L’asilo di mendicità trovò posto presso i locali a piano terra dell’ex Convento con due padiglioni: quello maschile con 15 medici maschi e quello femminile con 15 medici donne.

Testo di 
Giovanni Di Liddo
Guida Turistica e Accompagnatore Turistico Iscritto all'albo della Provincia di Barletta-Andria-Trani
Laureando in Architettura presso il Politecnico di Bari Facoltà di Architettura

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