Bisceglie Strada Facendo ed. 2014
Domenica 20 Luglio: la città del 800
Arte e Architettura di Bisceglie e dintorni
Architettura e storia della città di Bisceglie e delle città limitrofe. Visite Guidate, Itinerari turistici, Tour guidati e personalizzati, Escursioni culturali. Pagina a cura di Giovanni Di Liddo
venerdì 19 settembre 2014
Itinerario Liberty - Bisceglie
venerdì 21 marzo 2014
Chiesa di San Michele Arcangelo ed ex Convento dei Cappuccini di Bisceglie
Premessa
Dopo
il Concilio di Treno, che impose delle riforme relative al clero, alle arti e
all’architettura, nacquero nuovi ordini religiosi tra cui quello dei Cappuccini
(un ordine religioso francescano) i quali si ispirarono al ritorno e alla
vocazione originaria delle Fonti Francescane basate sulla povertà, carità e
alla vita semplice, che fu il costante riferimento dei Padri della Riforma
cappuccina.
Il
periodo controriformista e il secolo XVII per i Cappuccini italiani può essere
definito come un periodo storico di grande diffusione e di presenza
significativa per la Chiesa e la società dell'Europa cristiana.
Storia e architettura
Nel
1533 Padre Tullio Potenza fondò la Provincia dei Cappuccini di Puglia e della
Lucania (Basilicata), ma molti anni più tardi tra la fine del XVI sec e gli inizi
del XVII la Provincia dei frati cappucci si sfaldò in tre macro provincie:
quella della Lucania, quella della provincia di Otranto e quindi di tutto il
Salento e infine quella di Bari dove rientra il Convento dei Cappuccini di
Bisceglie.
Fondato
nel 1606 dal Padre Generale Silvestro d’Assisi e dal Vescovo di Bisceglie
Alessandro Cospi, il convento e la chiesa vennero dedicati a San Michele
Arcangelo, Santo molto amato dai francescani.
Il
Convento e chiesa dei Cappuccini sorsero agli inizi del XVII sec. a ridosso di
una lama, detta Lama di Fondo Noce, in un contesto paesaggistico di
straordinaria bellezza, ma la scelta e la collocazione del Convento no fu
casuale. Esso sorse su una precedente struttura (ancora oggi non ben studiata e
ricercata) detta Cappella di San Clemete, un primitivo luogo di culto dove i
primi frati potevano trovare conforto per le loro preghiere, inoltre la Regola
della Costituzione dei Cappuccini imponeva di costruire fuori dal centro delle
città i propri conventi in modo che i frati potevano vivere in tranquillità,
preghiera e in meditazione senza mai
essere troppo “distanti” dalla vita quotidiana e dai bisogni della popolazione
in cui risiedevano.
Il
primitivo convento sorto accanto al lato destra della chiesa si presentava
molto piccolo regolare e compatto con chiostro interno racchiuso da tre ali di
fabbricato (composto di piano terra e primo piano) dove trovavano posto al
piano superiore le celle dei frati, mentre al piano terra i servizi come la
cucina, il refettorio, la dispensa e altro.
Nel
corso del seicento il convento subì un primo ampliamento. Nel 1673 la nobile
famiglia Milazzi contribuì a proprie spese per far costruire un nuovo corpo di
fabbrica a ponente per la nascita di nuove altre celle per i frati i quali
senza ombra di dubbio erano aumentati di numero. In questo primo intervento di
accrescimento della struttura anche la chiesa probabilmente aveva subito degli
adeguamenti spaziali, infatti nel 1677 essa venne riconsacrata dal Vescovo
Francesco Antonio Ricci in concomitanza della fine di lavori di ampliamento del
convento e del rifacimento di parti delle strutture della chiesa, probabilmente
all’inserimento delle cappelle laterale (tre) sul fianco sinistro della chiesa.
Durante
questi lavori di ingrandimento del convento, sorse la nuova scala che ancora
oggi collega il piano inferiore con il piano superiore del Convento.
Sarà
il XVIII secolo che vedrà (come in altri complessi conventuali e monastici
della città di Bisceglie) le ulteriori trasformazioni e ampliamenti che
interessarono anche la “casa” dei Cappuccini di Bisceglie.
Tra
il 1755 e il 1770 fu eretto il nuovo e ultimo braccio rivolto verso sud con la
costruzione di nuove celle per i frati che arrivarono fino a 30 unità e la
costruzione della loggia da parte del maestro Giulio Gramegna. Anche in questa
nuova fase di ristrutturazione e ampliamento alcuni locali cambiarono la loro
destinazione d’uso soprattutto i locali al piano terra destinati secondo una
perizia del 1870 dell’Architetto Giuseppe Albrizio a stalle, pagliaio,
refettorio, cucina, forno, deposito, dispensa per la cucina e altro.
Sempre
dalla perizia tecnica del 1870 si scopre dagli Archivi Comunali di Bisceglie
che un tempo le strutture di copertura del Convento erano composte da tetti a
due falde con capriate lignee coperte da coppi, oggi scomparsi.
La
chiesa inizialmente semplice e priva di decorazione, così come prevedeva la
regola dei cappuccini, si arricchì a partire della metà del XVIII secolo di
stucchi e decorazioni floreali e successivamente alla fine del settecento anche
di colori pastello così come appare oggi dopo i restauri condotti dalla
Dott.ssa Maria Luisa De Toma e dalla sua squadra all’interno della chiesa che
hanno riportato alla luce non solo decorazioni perdute e coperte da diversi
strati, ma anche riapertura di finestre tamponate nel tempo e la scoperta di
altari (anch’essi perduti) come quello dell’Addolorata di cui ne rimangono solo
tracce.
La
chiesa si presenta a navata unica coperta da volte a botte, con tre cappelle
laterali a sinistra e tre altari a destra collocati sotto profondi arconi. Essa
si conclude con area presbiteriale a parete dritta di poco sopraelevata
rispetto all’area destinata ai fedeli, dove trova posto il grande altare
maggiore che ne occupa tutta la parete in altezza e larghezza.
La
chiesa fu arricchita inoltre di diverse opere d’arte probabilmente attribuite
alla scuola e allievi di Nicola La Porta, artista per altro molto attivo in
città e presente in altri conventi e monasteri.
Tra
tutti spicca la tela dell’altare Maggiore dedicata a San Michele Arcangelo che
sconfigge il demonio con accanto San Francesco d’Assisi e San Nicola Vescovo.
San Michele Arcangelo emerge da un’aspirale di panno rosso che vibra nell’area
(molto simile ai modelli di Corrado Giaquinto) mentre mantiene con la mano
destra la spada infuocata e con la sinistra punta l’indice verso l’atro in
direzione i un triangolo che rappresenta la Santa Trinità. Accanto alla scena
San Francesco d’Assisi che trattiene sul petto la croce mentre sembra discutere
della scena con San Nicola Vescovo. L’altare maggiore della chiesa è di legno
meccato e decorato; presenta su entrambi i lati le immagini di San Fedele e di
San Giuseppe da Leonessa due frati cappuccini sempre presenti negli altari
maggiori delle chiese cappuccine. Conclude il tutto l’immagine della Madonna
con bambino stretto al proprio fianco collocato nella cimasa e infine il
simbolo dei frati cappuccini riportato al suo splendore e luce dai recenti
restauri.
Soppresso
una prima volta nel 1809 con i francesci, venne definitivamente soppresso nel
1861 con le leggi eversive dello del Regno d‘Italia.
Dal
1867 al 1872 il Comune, divenuto proprietario dell’immobile e dei relativi
terreni circostanti l’ex Convento cercherà in diversi dibattiti del Consiglio
Comunale dell’epoca di trovare una destinazione d’uso dell’immobile. Le proposte andavano tra l’idea di adeguare la
struttura conventuale a istituto benefico per famiglie di pescatori e contadini
che vivevano in condizione igieniche ed economiche disagiate o trasformare il
complesso il Scuola Elementare, ma entrambi i progetti furono abbandonati.
Intanto nel 1867 il vescovo di Trani chiese al Prefetto di Bari di riaprire al
culto almeno la chiesa e di destinarla ai parrocchiani di San Lorenzo Martire
di cui la loro chiesa aveva subito un incendio doloso.
Nel
1872 il Comune di Bisceglie istituisce con il Monte Pio di Pietà, l’Ospedale
Vittorio Emanuele II trattenendosi la proprietà dell’immobile e le relative
spese di ristrutturazione di esso. L’ospedale trovò collocazione negli ambienti
al primo piano dell’ex Convento eventualmente per esigenze igienico-sanitarie
dell’epoca, mentre anni dopo, tra il 1901 e il 1902 fu istituito l’asilo di
mendicità che in seguito si chiamerà Principessa Iolanda. L’asilo di mendicità
trovò posto presso i locali a piano terra dell’ex Convento con due padiglioni:
quello maschile con 15 medici maschi e quello femminile con 15 medici donne.
Testo di
Giovanni Di Liddo
Guida Turistica e Accompagnatore Turistico Iscritto all'albo della Provincia di Barletta-Andria-Trani
Laureando in Architettura presso il Politecnico di Bari Facoltà di Architettura
Edilizia Residenziale Ottocentesca
Premessa
L’espansione extra muros di Bisceglie, al contrario di altre città vicine,
ebbe inizio nell’ultimo quarto del XVIII sec. attraverso la nascita di
un
piccolo “sobborgo dal lato di mezzogiorno”, compreso tra la vecchia strada per Corato (attuale via San Lorenzo) e quella che costeggiava la Lama dei Cappuccini, detta lo Stradone. In esso ritroviamo edifici settecenteschi appartenuti a famiglie
nobiliari come Palazzo Gadaleta (1751-53),
De Simone (1760), Rana
(1763) ecc.
Pochi decenni dopo, agli inizi dell’800, le antiche porte di accesso alla città medievale e rinascimentale, avevano iniziato ad dissolvere
la loro funzione, ponendo sia le basi per progetti di un’utilizzazione civile dei vani lunga la muraglia, sia di un progressivo sviluppo edilizio che si estese lungo le arterie
divergenti verso il contado. Questo fenomeno nacque in concomitanza all’apertura di una nuova porta, (Porta San Felice 1747, nei pressi della Torre Maestra, oggi scomparsa) tesa a rompere
il guscio delle mura. Diversi fattori, quali l’Incremento demografico, l’espansione al di là dalle mura, l’economia agricola sulla quale si innestava
l’investimento di tipo capitalistico - mercantile, l’ampliamento delle infrastrutture, ed infine
i fermenti di crescita
civile e culturale
generarono, la nascita di nuovi soggetti politici e sociali e l’immagine di una città in progresso. Nel 1819, dei 13.967
abitanti censiti, solo 7.846 risiedono entro le mura, mentre altri affollano aree suburbane
in via di edificazione; contemporaneamente 2.440 abitanti abitano in Largo del Palazzuolo. Il resto degli abitanti (17,95%
della rimanente popolazione) costituivano la
popolazione sparsa.
Nel corso del XIX sec. la popolazione pertanto incrementò di oltre una volta e mezza, segnando
un fenomeno di crescita demografica eccezionale: nel 1861 essa era composta da 19:275 ab., nel 1871 da 21.317 ab., nel 1881 da 23.877
ab. e infine nel
1891 da 27.506 ab.
Nel 1871 i confini urbani risultavano già dilatati; in occasione del censimento generale della popolazione, la città venne suddivisa (per motivi organizzativi) in rioni: Città Vecchia, San Lorenzo, Camere del Capitolo, Ginnasio e Misericordia. Dai dati del censimento dei ’71 ed ’81, si rileva anche lo stato della abitazioni. Nel 1881 il patrimonio
edilizio era costituito
di 2024 fabbricati, raddoppiato rispetto a dieci anni prima; particolarmente diffuso era il tipo di abitazione a più piani,
mentre le abitazioni al solo piano terreno si contano poco più di mille, ed
infine circa mille alloggi distribuiti su piani unici
superiori al primo. Non mancano inoltre soffitte e sottani
(generalmente costituiti da un vano unico), dove disagiatamente risiede appena il 2,2% della popolazione; quindi il patrimonio edilizio rilevato nei primi anni della nascita del Regno d’Italia, assegna alla struttura edilizia biscegliese una qualità abitativa di buon livello.
Architettura
Nonostante la qualità di buon livello del patrimonio edilizio dell’epoca, si evidenzia dalle planimetrie del secolo scorso e dalla lettura dall’attuale conformazione urbana della zona centrale della città (ormai satura e modificata drasticamente dall’edilizia degli anni 50, 60 e 70 del 900), la mancanza di una direttiva di piano di espansione (che Bisceglie ha avuto solo per la prima volta nel 1975). Certamente la presenza delle due lame (un tempo motivo di difesa naturale per il Borgo), determinò lo sviluppo della città nell’800 lungo le strade per i centri vicini (Molfetta, Ruvo, Corato e Trani), lasciando tra essi spazi liberi e generando una edificazione poco compatta e non disposta
su maglia ortogonale (classico esempio di espansione urbana ottocentesca, riscontrabile in città solo per il Rione Mercante – zona stazione
ferroviaria - ), che distinse
le città pugliesi come Trani, Molfetta, Bari,
Polignano a Mare, Monopoli ecc.
La necessità di queste espansioni, determinarono un più complesso approccio, anche culturale, alla problematica urbana. La legge del 1865 n.2359 (sull’espropriazione per pubblica utilità), legge fondamentale per il nuovo Stato, dettò le prime norme
italiane di pianificazione “urbanistica”, ovvero uno strumento globale di guida
e di controllo
allo sviluppo delle città.
Anche Bisceglie tentò di darsi
negli anni ’70 del XIX
sec., un piano di espansione, con esiti purtroppo negativi. Nascono, crescono e si generano nuovi rioni: il rione Misericordia, (un agglomerato urbano sviluppatosi rapidamente, già popoloso nel 1865, privo di qualsiasi infrastruttura, impraticabile e pericoloso sia a cavallo
che a piedi)
esso era ed è costituito da un tessuto urbano strutturato a blocchi
allungati di
isolati disposti parallelamente con abitazioni composte di
piccoli edifici plurifamiliari, composti da sottani, piano terra (in alcuni casi adibito a bottega o ad abitazioni), scala comune e primo piano con due appartamenti concepiti da due vani. Nel 1882 Piazza Umberto
I (ex via Benso, oggi
Corso Umberto I), venne sistemata
definitivamente a mercato, vent’anni prima tra 1860
e il 1865, sorse intanto nell’area intorno alla chiesa di Santa Margherita, un nucleo abitativo, composto da edifici in linea (i così detti “palazzi”), tipici dell’architettura ottocentesca; blocchi compatti di edifici a due piani,
con due, tre o quattro alloggi per
piano, serviti da una
scala comune, simmetrici, con ampie
finestre architravate o sormontate da
semplici timpani, associate a piccoli
terrazzini.
L’architettura edilizia dell’800, ostentava caratteristiche tipologiche, costruttive e formali
tipica degli edifici residenziali ottocenteschi: blocchi rettangolari compatti e simmetrici, composti da due o da un unico piano,
con atrio interno (detto chiostrina), vano scala comune di servizio per i diversi piani, composti
da due, tre o più appartamenti (ideati dai due ai quattro vani), ed infine
piano terra adibito a botteghe. Esteticamente i “palazzi”
presentano una base costituita da lastre di pietra, una elevazione scandita da ampie e regolari
finestre modanate da semplici stipi e architravi (in alcuni casi da timpani triangolari) associati a terrazzini sorretti da reggi mensola e circoscritti da semplici ringhiere. Ogni piano era suddiviso
da fasce orizzontali, riconoscibili come marcadavanzale e marcapiano, una superficie intonacata da colori pastello, un cornicione di coronamento conclusivo e modanato,
mentre agli angoli degli edifici, fasce verticali di lastre di pietra i “cantonali”, assumevano la funzione di protezione angolare della struttura. Gli alloggi erano costituiti, per motivi igienico/sanitari e funzionali, da vani quadrati e rettangolari (in alcuni casi anche irregolari), ampi e arieggiati coperti da volte a padiglione, a crociera o a botte.
Certamente il trasferimento a privati
della porzione dell’antica strada Consolare, determinò il fenomeno di lottizzazione di detto suolo e quindi della costruzione, di un nuovo agglomerato urbano fuori dalle mura; molte imprese dell’epoca come Gangai, Storelli, Bruni ecc., approfittando della situazione costruirono diversi edifici ad uso abitativo, oggi quasi tutti collocati in Piazza Vittorio Emanuele II, tra 1875 e il 1880. In alcuni casi la costruzione di questi edifici, come palazzo Gangai, progettato dall’Arch. Giuseppe Albrizio nel 1875, definì quinte scenografiche, spaziali e urbane di piazze,
come Piazza Regina Margherita di Savoia, dove lo stesso edificio insieme al
Palazzo della famiglia
Campagnola (disposto di fronte) e al “casino di conversazione” eretto nel 1877 a ridosso del Teatro Garibaldi
(oggi ingresso del teatro), originarono nuovi spazi pubblici urbani.
Altre congiunture di questo tipo vennero a crearsi in Piazza Mercato,
oggi Largo San Francesco d’Assisi, nei pressi della settecentesca chiesa della Madonna di Passavia, dove intensa s’è fatta l’edificazione nelle immediate adiacenze orientali del Palazzuolo, e ancora nella definitiva struttura della zona (di proprietà all’epoca della fam. Berarducci) che gravita
intorno alla “Cappella” (chiesa di Sant’Agostino), redatta dall’ing. Luigi Minutillo nel 1877. Lo sviluppo
edilizio, continuò quindi a disegnare
(una espansione in particolar modo radiale) negli anni ’80 del XIX sec. i quartieri della nuova periferia: tra essi, quello che sorgerà attorno all’asse della via interna per Trani, e su via Molfetta (oggi via Matteo Renato Imbriani), mentre la città si orientava e guadagnava
rapidamente le aree suburbane verso la ferrovia: via San Martino (oggi via Alcide De Gasperi), il rione Mercante,
unico esempio in città di pianificazione a maglia regolare,
dove tra il 1876 e il 1886 sorsero
gli edifici della fam. Storelli, Quercia ecc. Infine il risanamento del quartiere di San Lorenzo e i primi progetti per il Rettifilo, costituiscono nel
corso dell’800, alcuni significativi episodi.
Testo di
Giovanni Di Liddo
Guida Turistica e Accompagnatore Turistico Iscritto all'albo della Provincia di Barletta-Andria-Trani
Laureando in Architettura presso il Politecnico di Bari Facoltà di Architettura
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